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A BARI AL 4 AL 31 OTTOBRE LA MOSTRA:L'OGGETTO DELL'ABBANDONO
BARI - In mostra a Bari, dal 4 al 31 ottobre, presso La Ciclatera "L’oggetto dell'abbandono" a  cura di Obiettivo Uno e Angela Angelastro (poetessa e narratrice). “(…) l’oggetto è il miglior portatore del soprannaturale (…) una trasformazione della vita in materia, e per dir tutto un silenzio che appartiene all’ordine del meraviglioso.” Così Roland Barthes, con il taglio sottile e preciso del bisturi della sua analisi semiotica in Miti d’oggi (1957), ci rivela una preziosa visione, ormai diventata veritĂ fondante del marketing moderno, ossia che siamo ciò che vediamo. Leggiamo la realtĂ con l’occhio dell’anima; e, nel leggere la realtĂ , si trasforma anche il nostro modo di guardare il mondo e ci trasformiamo noi stessi. Percepire il mondo in questo modo rappresenta un’esperienza di scoperta e rivelazione della realtĂ dentro (e attraverso) i nostri sguardi. In questa cornice, è nata la nuova avventura di Obiettivo Uno, pensata e realizzata insieme con Angela Angelastro: "si tratta - spiegano gli organizzatori dell'esposizione - di una ricerca espressiva attorno agli oggetti che abbiamo incontrato nei luoghi abbandonati, frammenti essi stessi di quelle storie ormai trascorse, raccontate nei silenzi e nelle ombre di masserie, opifici, scuole, ospedali, da decenni muti nella loro apparente morte. Angela, in particolare, ha inteso condividere le narrazioni sollecitate dall’incontro tra la sua immaginazione e il nostro percorso fotografica, dando voce a ciascuna scena in un racconto che è divenuto spontaneamente corale, a partire da indizi, suggestioni e invenzione. Scegliere che foto e testi si muovessero all’unisono ci è parsa la naturale conseguenza della nostra appassionata intenzione di magnificare le lodi di quest’esperienza fatta tutta di interioritĂ , di mescolanze multidimensionali dove spazio e tempo sgomitano per contrastare processi entropici falsamente ineluttabili; e, soprattutto, di rendere accessibile questo nostro modo di sperimentare e percepire la realtĂ . Il cuore del progetto abita nel desiderio di guardare ai luoghi dimenticati restituendo loro una memoria e una identitĂ , attraverso la voce degli oggetti che li connotano. Nel corso della nostra esperienza, abbiamo sempre piĂą compreso come abbandono e oblio si intreccino profondamente, disegnando una trama di esistenze, polverose e nascoste, alle quali è indispensabile dedicare uno sguardo capace di grandi immaginazioni. Esplorare o anche solo osservare luoghi abbandonati, spesso, significa scoprirne e studiarne la storia, immaginarne i vissuti e ricostruirne una narrazione imprevista e coinvolgente". "Ciascuna di queste azioni, - è scritto nella nota stampa - richiede un'attitudine a guardare la realtĂ per come essa è, rispettandola per come appare ai nostri occhi, sperimentando la possibilitĂ di abitare un tempo – ormai “perso” - intuendone la vitalitĂ e il senso. L'obiettivo è quello di raccontare luoghi persi nel tempo, lasciando che lo sguardo e la parola, ispirandosi e contaminandosi reciprocamente, possano restituire esistenza a quegli spazi e a chi lì ha vissuto, lavorato e, talvolta, vi ha perso anche la vita. Abbiamo esplorato luoghi rurali o industriali, immersi in un destino d'abbandono e subito ci siamo stupiti del fatto che, nell'istante in cui quei luoghi hanno smesso di esistere nella loro funzione principale (ossia, quella funzione che aveva definito la loro identitĂ fino ad un momento prima che cadessero in disuso), nessuno li abbia mai davvero svuotati. Questa sorta di dimenticanza ha permesso a noi di scovare, tra la polvere e le ombre, frammenti di storie, che abbiamo fermato nell’istante espressivo della luce che li circondava. Nel percorso all’interno del quale vogliamo condurvi, con l’auspicio che ciascuno possa entrare nei luoghi attraverso il nostro sguardo ed il nostro modo di rinarrarli per portarli a nuova vita, il racconto è guidato proprio dagli oggetti per il loro potere evocativo, di costruzione o rivelazione di realtĂ e punti di vista. Nelle narrazioni in versi, che fanno da controcanto al percorso fotografico, gli oggetti parlano in prima persona o dialogano con coloro i quali li hanno posseduti e poi perduti, nonchĂ© con coloro grazie al cui sguardo sono stati ritrovati. Il valore irripetibile di un oggetto, infatti, è certamente legato a quanto esso può far intuire delle vite e delle persone cui è appartenuto; d’altra parte, e questo è proprio il caso del nostro percorso, tale valore ha a che fare con gli spazi narrativi (ossia, le storie) che l’oggetto ci permette di inventare. La nostra esplorazione si è dedicata al territorio che ci appartiene, perchĂ© è quello di cui fanno parte le radici delle artiste e degli artisti che hanno permesso questa particolare esperienza di rivelazione silenziosa dei luoghi dimenticati". Viene riportata una chiosa finale che definisce l'intento del progetto:Â
Qualcuno ha scritto che senza radici non si volaÂ
ed è per questo che con il nostro progetto “L’oggetto dell’abbandono”Â
vogliamo sottolineare fortemente la necessitĂ di proteggere le memorie,Â
anche ricostruendole a partire dai frammenti che esse stesse ci donano.Â
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